sabato 23 marzo 2013

Sicilia Mia


Suoni di risa rianimate 
da giuochi di arcobaleni.
Fanciulli che nudi dormon
cullati da zagare in fiore.
Cammino lieta in te
nel fior della mia vita.
Terra mia il tuo odore
mi rallegra il cuore.
---
Uomini che uccidono 
cadaveri,
notti tinte di rosso, 
tinte di mafia.
Giovani che uccidono
sogni,
privati di patria.
---
Sicilia bedda
in cui lu jornu 
nun po' mai spuntari.
Questo male non incontrai 
nella Mia terra.
Oh memoria disonesta.
                                                                                                
                                                                                                          Alessandra Baudo

venerdì 8 marzo 2013

L'8 marzo non è una festa.



L'8 marzo non è una festa. L'8 marzo è una giornata simbolo delle vessazioni che la donna ha subito nel corso dei secoli. L'8 marzo è un punto di partenza per il riscatto della propria dignità, quindi non perdetela in una sola sera. Portate, invece, alto il nome di quelle 129 donne che dopo essere state rinchiuse l'8 marzo, perchè scioperavano per i loro diritti, persero la vita e di tutte le altre donne nel corso dei secoli, come loro, donarono la vita per acquisire diritti.
 Siate felici di ricevere mimose, con la consapevolezza che è il fiore simbolo di questa festa perchè fuori da quella fabbrica c'era un albero di mimose.
Non dite io non festeggio perchè voglio essere importante tutto l'anno, è vero la donna non ha bisogno di una festa per sentirsi importante, ma la storia ha bisogno di queste commemorazioni per essere ricordata e quindi aiutate a ricordare non preoccupatevi di come festeggiare.
Divertitevi questa sera, ma con la consapevolezza di commemorare chi è morto per permetterci di ridurre questa commemorazione ad una mera festa celebrativa della donna.
In questo giorno dimostriamo di essere all'altezza del testimone che ogni donna morta, per il riconoscimento dei nostri diritti, ci passa. Ricordo che se siamo libere ed emancipate lo dobbiamo a loro, di coseguenza    rendiamo onore alla libertà che ci hanno donato.                  
                                                                                                                                Alessandra Baudo

giovedì 7 febbraio 2013

Cuore a cuore

Questa poesia è nata nel mio cuore circa un anno fa, ma essendo in concorso per un premio di poesia inedita non potevo pubblicarla. Il concorso non l'ha vinto, ma ha dato il nome alla rubrica più bella del mio blog "Cuore a cuore" e di conseguenza credo che valga la pena pubblicarla.


Guardami
e non lasciare
che io fugga tra
le macerie delle mie paure
nell'abisso
delle mie sicure insicurezze.
Fissami
e riscalda con il tuo sguardo
il mio cuore
già pieno d'amore.
Scrutami
e ascolta 
il grido silenzioso
dei miei occhi
che non sanno più parlare.
Ormai illusi 
guardano il mondo e
tacciono.
Smarriti sono ingannati
da labilità remore.
Ora,
osservano
il tuo sorriso improvviso,
cercano i tuoi occhi
per rivivere i sogni 
d'amore celati.
Ora
odiano ed amano
chi comunica attraverso gli occhi
i sentimenti del cuore.
                                                                                                         Alessandra Baudo

giovedì 3 gennaio 2013

Due gennaio

Sguardi s-conosciuti
da sempre 
che si incontrano.
Parole trasportate 
dal vento che volano
da un cuore all'altro.
Il nulla 
e poi 
NOI.
E poi 
IO: 
novità.
La novità 
che ti appartiene
da una vita e
che ti apparterrà
per tutta la vita.
Ma che ogni volta che
vedrai
dirai:
"Piacere di conoscerti" 
perchè una vita 
non basterà
per conoscermi 
abbbastanza.
La vita servirà
per vivermi
abbastanza.
Non spegnere la novità,
nutriti di essa.

                                                                                                 Alessandra Baudo

martedì 4 dicembre 2012

La semplicità: il modo migliore per crescere un figlio

La scrittura da sempre, come molte volte ho detto, è stata protagonista assoluta nella mia vita. Sin da quando ero piccina, infatti, mi dilettavo a scrivere poesie, racconti e qualsiasi cosa altra che comportasse l'utilizzo della fantasia. Oggi risfogliando i miei diari ho ritrovato molte di queste poesie che a rileggerle suscitano in me un sorriso, per la semplicità delle parole e per i messaggi semplici che trasmettono. Ma in realtà leggendole in maniera più approfondita mi rendo conto di quanto sono stata fortunata a crescere in un modo così semplice e genuino e di quanto già in tenera età avessi fatto miei valori importanti. Vi invito a leggere e giudicare queste semplici parole, non dimenticando che le abbia scritte una bimba di 7/8 anni. Buona lettura!


La scuola
Come odora la chiesa d'incenso
così odora la scuola d'immanso. 
Lì dentro si respira aria sana
al primo suono della dolce campana
che ci invita pian piano ad entrare
e qualcosa ogni giorno imparare.
E poi come per magia si va tutti via
per vivere la nostra vita
con gioia e speranza infinita.

                                                                          Alessandra Baudo

martedì 27 novembre 2012

Gli esami non finiscono mai...

Ha tanto che non scrivo, un po' per mancanza di tempo, un po' per mancanza di parole. Amo scrivere da sempre, ma lo faccio soltanto quando sento l'esigenza di gettare le mie emozioni fuori e questo non mi succede sempre. Oggi, invece, sento l'esigenza di comunicare a tutti i lettori del mio blog i miei pensieri, le mie emozioni e voglio farlo attraverso una canzone che parla di me: Alessandra di Biagio Antonacci.
L'ho scoperta poco tempo fa, per caso o per destino, ed è diventata la colonna sonora di questo momento della mia vita. Infatti, avendo già chiesto la tesi mi avvio alla conclusione di questo primo percorso triennale, alla conclusione dei primi esami. Ma, purtroppo, ancora devo affrontare gli esami più difficili, ovvero quelli della vita. Infatti, quella della vita è un'università che non finirà mai, una scuola che ci sottoporrà a prove sempre più difficili. E tutto ciò non può essere studiato in nessun libro, non può essere provato in nessun test, lo si può solo vivere e testare sulla propria pelle. Tuttavia, ogni volta che superiamo una prova non c'è nessuno che ci darà un voto, nessuno che ci dirà se siamo stati promossi o bocciati, idonei o non idonei, ma il solo fatto di averla affrontata ci renderà vittoriosi. Credo che tutti gli esami, anche i più difficili, possano essere superati, ma solo se ci si mette in gioco per far si che non sia la vita a dettarci le sue leggi, ma noi a dettare le leggi alla vita. Siate padroni della vostra vita e affrontate tutti gli esami, solo così potrete essere vittoriosi.


Alessandra
queste sono scale di vita
e la vita, forse non l'hai mai conosciuta
sei già stanca
e l'orologio batte le sei
e gli esami lo sai, lo sai, non finiscono mai.
Alessandra tua madre che voleva sapere
certe cose a volte non si possono dire
no bugiarda, no, è solo un modo per evitare
e gli esami lo sai, lo sai, non finiscono mai.
Vai Alessandra un po' impaurita
in una giacca di velluto
nascondevi un portafortuna e...
un amore che prendeva un po' di fiato
tra l'orgasmo e la paura
c'è un segreto nuovo
che nessuno vuol sapere
ma domani lui,
lui capirà e sarà un giorno vero
e gli esami lo sai, lo sai, non finiscono mai.
Alessandra tua madre lei voleva sapere
certe cose a volte non si possono dire
no bugiarda, no, è solo un modo per evitare
e gli esami lo sai, lo sai, non finiscono mai.
Vai Alessandra che sei grande
che sei libera e completa
giacca blu stirata
sicura di te stessa...
Un amore ogni giorno più importante
inaspettato ma voluto
fa dimenticare le solite paure
e la tua vita, sì, per te resta l'esame più grande
la tua vita lo sai, lo sai, lo sai...
e gli esami lo sai, lo sai, non finiscono mai

Alessandra Baudo

venerdì 8 giugno 2012

In amore vince chi fugge...dallo stalker

Inizia, molte volte, a causa del "troppo" amore e scaturisce poi in atteggiamenti ossessivi che portano a comportamenti estremi come il tentato omicidio o l'omicio. Quello di cui sto parlando è il fenomeno dello stalking. La parola “stalking” deriva dal linguaggio venatorio della caccia e letteralmente significa “fare la posta” per poi estendersi al comportamento intenzionale, malevolo e persistente, di seguire o molestare un'altra persona. La maggioranza degli stalkers sono di sesso maschile ed attuano tali comportamenti nei confronti di compagne che hanno interrotto o vogliono interrompere la relazione.Altri invece iniziano ad attuare questi comportamenti a causa di una dipendenza affettiva, esercitando il controllo-persecuzione per timore di essere lasciati. Tutti gli stalkers, però, sono accomunati da una cosa: la malattia. Quindi bisogna che le vittime abbiano la capacità di discernere l'amore dalla malattia. L'amore è quel sentimento che lega con un cordone invisibile due cuori che battono all'unisono, ma seguendo il ritmo della libertà. La malattia, invece, porta ad impedire all'altro la libertà di far diventare l'altro un oggetto, un proprio oggetto. Questo spesso viene collegato con il "troppo" amore e giustificato dalle vittime, per paura di denunciare. Ma bisogna trovare la forza di farlo, bisogna mettere in primo piano l'amore per se stessi e pensare la denuncia come un atto d'amore anche nei confronti dello stalker; perchè solo così puù "guarire" dalla malattia che, tuttavia, affligge le vittime.Ricordate sempre: in amore vince chi fugge dallo stalker.
"Se ami saprai che tutto inizia e tutto finisce e che c'è un momento per l'inizio e un momento per la fine e questo non crea una ferita. Non rimani ferito, sai che quella stagione è finita. Non ti disperi, riesci a comprendere e ringrazi l'altro: “Mi hai dato tanti bei doni, mi hai donato nuove visioni della vita, hai aperto finestre nuove che non avrei mai scoperto da solo. Adesso è arrivato il momento di separarci, le nostre strade si dividono” Non con rabbia, non con risentimento, senza lamentele e con infinita gratitudine, con grande amore,con il cuore colmo di riconoscenza. Se sai come amare, saprai come separarti”(OSHO) 
                                                                                                              Alessandra Baudo

domenica 20 maggio 2012

Fiori spezzati da chi?

Non amo particolarmente scrivere articoli di cronaca, perchè molte volte trovo che questi siano ricchi solamente di dati e poveri dei sentimenti, delle parole autentiche di chi li scrive. Ma oggi il mio essere una ventenne, il mio essere una ragazza semplice con una vita perfetta, in cui la perfezione è fatta dalle tante piccole imperfezioni, mi obbliga a scrivere, a denununciare. Ieri, infatti, è successo qualcosa che non colpisce solo i sogni, ma qualcosa che colpisce la tanto amata-odiata normalità. Molte volte si pensa che essendo persone normali, oneste si può stare tranquilli, questa è la dimostrazione dell'esatto contrario. Melissa, la ragazza che ha perso la vita ieri mattina nell'attentato alla scuola di Brindisi, era una ragazza normale con un grande sogno quello di diventare stilista. Era la figlia unica amatissima di un manovale, Mario, e di una casalinga, Rita. Tutte le mattine la ragazza usciva dalla sua abitazione in via Torre a Mesagne per andare a scuola, proprio davanti all'abitazione c'è la fermata del pullman dove incontrava le altre compagne di banco o le altre studentesse di Mesagne. Ma ieri mattina la sua normalità è stata spezzata, non si sa da chi e non si sa perchè, forse solo per il piacere di "lasciare il segno" come ha affermato il preside della scuola. Non so voi, ma la mia intelligenza non riesce a cogliere il significato della frase lasciare il segno, o meglio non riesce a contestualizzarlo con l'accaduto. Colui che vuole lasciare il segno nella società, secondo il mio modestissimo parere, cerca di migliorarla, di piantare fiori non di spezzarli.
Io come Melissa sono figlia unica di due genitori la cui vita ruota in funzione della mia ed in questo momento mi sento particolarmente vicina ai cuori dei genitori di Melissa. Nulla, neanche la giustizia, può colmare il vuoto che queste persone hanno dentro. Ma giustizia deve essere fatta.
La giustizia è una forma di educazione non solo per i colpevoli, ma anche per i potenziali colpevoli. Evidentemente, esattamente come per l'educazione, la giustizia vince poche volte e ciò spienge i molti squilibrati a "lasciare il segno" senza temere. Tutto ciò, però, deve essere fermato, bisogna educare alla legalità facendo giustizia.
Ciao Melissa, sei entrata nei cuori di tutti noi che come te credono ancora nei sogni.

martedì 15 maggio 2012

Il futuro appartiene a coloro che credono alla bellezza dei propri sogni

“Il futuro appartiene a coloro che credono alla bellezza dei propri sogni” così recita una celebre frase di Eleanor Roosevelt. Ma noi, giovani, quanto  crediamo ai nostri sogni? Sembrerebbe una domanda  futile, ma in una società in cui l’attenzione di molti è focalizzata ai valori economici , diventa un quesito molto delicato . Le ragioni economiche, infatti, dominano adesso su qualsiasi ideale ; hanno sovrapposto quella prospettiva di valori altri, diversi, positivi. E questo provoca a tanti, in particolare ragazzi, un disorientamento. Molti giovani oggi, come ieri, una volta raggiunta la maggiore età e aver conseguito il tanto sudato diploma, si trovano catapultati nel mondo reale che tuttavia è molto difficile da affrontare.  I propri sogni, infatti, devono fare i conti con i famosi “test d’ingresso” che in due ore decidono, nel bene o nel male, il futuro di tutti i giovani. Ed una volta disilluse le illusioni sul proprio futuro  bisogna che si guardino intorno per vedere ciò che è possibile fare all’interno di una società democratica che molte volte non dà possibilità di scelta. E come il vecchio,ma attuale, Leopardi saranno avvolti da un pessimismo cosmico che li accompagnerà per tutta la loro vita, poiché insoddisfatti di ciò che un test d’ingresso ha scelto per loro. Altri, invece, scelgono il proprio lavoro valutando solo il fattore economico, optando per ciò che nella società è maggiormente richiesto. La rimanente parte, invece, sarà più fortunata. Al “cerchio” dei fortunati appartengono coloro che nella propria vita hanno la possibilità di svolgere ciò che amano, non per la brama del successo o per interesse economico, ma perché amano stare in quella posizione e non ne vorrebbero una migliore; perché giorno dopo giorno riescono a mettersi in discussione per le proprie qualità e capiscono in ogni momento che svolgono ciò che hanno da sempre desiderato. Coloro che non ameranno il proprio lavoro e lo sceglieranno, come affermerebbe il compatriota Verga, per l’adesione alla “ religione della roba” o per necessità non potendo scegliere altro, saranno  dei mediocri perché mai soddisfatti della loro occupazione: pupi nelle mani di un mondo impostore di ideali fatui. Quindi a noi tutti non resta che sognare per abbattere l’insaziabile cupidigia che si sovrappone ad ogni altro valore umano e credere profondamente ai valori, ormai, alieni per ricominciare ad essere uomini dotati di sentimento e di intelletto. Ed ora vi lascio alla bellissima canzone di Roberto Vecchioni: "Sogna ragazzo, sogna"
                                                                                                                     
                                                                                                                Alessandra Baudo

giovedì 10 maggio 2012

La storia dei santi martiri: Alfio, Filadelfo e Cirino

Oggi nel mio paese, Lentini, si festeggia il Santo patrono: Sant'Alfio. Tutto il paese, in questi giorni di festa, sembra rinascere e tutti i cittadini uniti, come non mai, mostrano sempre più numerosi la propria fede a questo Santo che è nel cuore di noi tutti. A tal proposito quindi ho deciso di pubblicare la storia dei Santi martiri, che non tutti, specialmente i più giovani, conoscono. Ci tengo a precisare che la storia non è stata scritta da me, ma presa dal segunte indirizzo http://www.webalice.it/tedevi/salfio/LA%20STORIA%20DEI%20SANTI%20MARTIRI.htm




I santi martiri, patroni della città di Lentini nacquero nella città di Vaste in Puglia, nella prima metà del III secolo.
La madre Benedetta, già dalla tenera età, li indirizzò alla fede cristiana ed ebbero inoltre come educatore un uomo dotto anch’esso di fede cristiana di nome Onesimo.
Nella primavera del 251 scoppiò la persecuzione contro i cristiani e la casa di Alfio Cirino Filadelfo
e Cirino fu subito denunciata: vi entrarono i soldati e arrestarono il maestro Onesimo e tutti i suoi discepoli.Furono portati, tirati per i capelli, davanti al preside Nigellione e alla domanda -quale fede professassero- risposero di essere Cristiani e di aborrire le divinità pagane.
Il tiranno, sdegnato, ordinò di rompere le mascelle ad Onesimo e di appendere i tre giovani per i capelli per un giorno intero e di rinchiuderli poi in un’oscura prigione.
A nulla valsero queste torture a piegare la fede in Dio dei prigionieri i quali furono mandati in catene a Roma.
Qui furono rinchiusi nel carcere Mamertino, dove si dice, fossero stati rinchiusi anche gli apostoli Pietro e Paolo, per sette lunghi giorni con pesanti catene che impedivano loro di muoversi.
Durante la prima notte apparvero loro gli apostoli Pietro e Paolo che li prepararono alle torture che li attendevano.
Poi furono condotti davanti al prefetto di Roma Licinio al quale risposero sempre di essere Cristiani e di seguire la fede di Dio. Furono fatti flagellare ma non morirono e allora Licinio mandò quattordici discepoli con a capo Onesimo a Pozzuoli a Diomede con l’ordine di farli morire tra vari tormenti e i tre fratelli a Tertullo, preside di Sicilia con l’ordine di persuaderli o ucciderli.
Dopo cinque giorni di viaggio arrivarono a Pozzuoli dove furono presentati a Diomede, il quale, vista la tenacia del gruppo, ordinò che Onesimo fosse schiacciato da un immenso sasso e fece uccidere tutti gli altri. I tre fratelli furono risparmiati dalla morte ma furono torturati.
Dopo otto giorni furono affidati a cinquanta soldati con a capo Silvano e spediti in catene verso la Sicilia.
Il 25 Agosto del 252 sbarcarono a Messina e dopo furono portati scalzi e incatenati a Taormina dove si trovava Tertullo.
Inizialmente Tertullo si mostrò gentile e premuroso, fece togliere loro le catene e poi   chiese loro chi fossero e quale religione professassero. I tre fratelli risposero: ”Alfio Filadelfo e Cirino noi ci chiamiamo e adoriamo il Dio dei cristiani”.
A questa risposta Tertullo, furibondo ordinò che gli venissero rasi i capelli, legati per le spalle ad una grossa trave e versare sui loro capi pece bollente, poi li affidò a quaranta soldati per mandarli a Lentini.
E così con i volti deturpati sotto il sole cocente venivano spinti dai soldati a cavallo verso Lentini.Il 28 agosto del 252 arrivarono sulle alture di Mascali e nei pressi di un abitato, oggi chiamato S.Alfio, Filadelfo svenne e stava per morire. I fratelli si misero a pregare e allora avvenne un miracolo: i tre fratelli a ridosso di una roccia videro apparire un vecchio, che si dice fosse l’apostolo Andrea, che li liberò dalle travi li guarì dalle bruciature.
E così, tra la meraviglia dei soldati, ripresero il viaggio seguendo la via della montagna poiché la strada del mare era stata interrotta da una colata lavica dell’Etna. Passarono per Trecastagni dove si fermarono e riposarono e per questo motivo in questo paese fu eretto un Santuario in onore dei Santi martiri che sono i santi patroni anche di questo paese.
Proseguito il viaggio giunsero a Catania dove passarono la notte nella prigione che è dentro la chiesa dei Minoritelli. Sul far del giorno ripresero il cammino verso Lentini e giunsero al Simeto.Qui trovarono il fiume ingrossato e allora i tre fratelli furono costretti a passarlo per primi ma per miracolo il fiume si abbassò ed essi poterono facilmente raggiungere la riva.mentre i soldati rimasero sull’altra sponda perché il fiume si rialzò di nuovo.Dovettero aspettare quattro giorni prima che potessero passare.
Così finalmente giunsero alla contrada Palmiere all’entrata nord di Lentini.
Qui videro un giovane impossessato dal demonio che lo muoveva a suo piacimento e lo trafiggeva con feroci dolori.La fama del prodigio del Simeto aveva preceduto l’arrivo dei tre fratelli che furono pregati dalla madre dell’indemoniato affinché aiutasse il proprio figlio a liberarsi del demonio.
I tre giovani allora ruppero le catene cominciarono a pregare Dio.Allora il demonio uscì dal corpo del poveretto e immensa fu la gioia della madre e di tutti i presenti per i miracolo avvenuto: si professarono tutti cristiani compresi i soldati.
Ripresero, i tre  fratelli,  il cammino con i soldati convertiti verso il foro della città .
Viveva allora a Leontini una nobilissima matrona educata alla fede cristiana di nome Tecla che si trovava a letto per una misteriosa malattia.Quando seppe della venuta dei tre fratelli,li fece venire nella sua casa e ottenne la salute per l’intercessione dei fratelli.
 Alla sede pretoriale,Alessandro, ministro di Tertullo ordinò di custodire i tre fratelli nel carcere,oggi chiamata Grotta dei Santi.
Nel dicembre del 252 Tertullo tornò a Lentini e si meravigliò molto di trovare i tre fratelli ancora vivi,tentò ancora di persuaderli ma, visto che la loro fede non cedeva, ordinò di fare loro le torture più atroci, però ogni volta ritrovava i fratelli miracolati e in buona salute anche per l’aiuto di Tecla che nottetempo prodigava loro cure e conforto.
Tertullo furibondo,ordinò che fossero rinchiusi in una stanza e lascIati morire di fame.
Dopo tre giorni i tre fratelli erano stremati, ma quando si assopirono ebbero in sogno l’appparizione di S.Andrea che li rifocillò e li guarì.
Saputo ciò da una guardia,Tertullo invaso da autentico furoNo li fece spogliare e legati mani e piedi li fece trascinare per le vie della città)(giro santo)
Alla fine visto che la loro fede non barcollava anzi si rafforzava di tortura in tortura decise di ucciderli.
All’alba del 10 maggio del 253 il tiranno fece portare al tribunale i tre fratelli e tentò per l’ultima volta di persuaderli :a nulla valsero le minacce e i tormenti,i tre fratelli erano anzi felici di morire,
ordinò allora che ad Alfio fosse strappata la lingua,Filadelfo fosse stato arroventato su un graticola e Cirino fosse buttato in una caldaia bollente di pece.
E così fu che i tre fratelli salirono in cielo nel regno di Dio.

mercoledì 9 maggio 2012

Sognando ad occhi aperti con G.Bonaviri

Il tema del sogno è stato molto trattato dalla letteratura e dalla psicanalisi. Tuttavia nella maggior parte dei casi, come nella Gradiva di Jensen, si tratta di sogni che vengono prodotti dall'inconscio durante il sonno; ma a quanti di noi non capita di sognare ad occhi aperti? questo è stato anche il caso di Giuseppe Bonaviri.
Autore siciliano, egli si muove da Mineo "Parnaso Siculo" fino a Frosinone dove lavorerà come medico cardiologo, ma la nostalgia della sua terra, "patria incorrotta del cuore", lo accompagnerà per tutta la sua vita e darà ispirazione alle sue opere. Egli, però, non usa la tecnica autobiografica per raccontare se stesso ed i luoghi della sua infanzia, ma "fonde la realtà con un mosaico di sogni" dove l'ombrosità esistenziale si stempera nel ricordo del padre Don Nenè, il sarto della strada lunga, e della madre donna Papè Casaccio, che egli chiamava decameron vivente.
All'interno della sua opera con impressionante modernità, oltre alla vicende biografiche, ai miti millenari della sicilia, si possono rintracciare anche contenuti scientifici propri della sua preparazione e invenzioni fantastiche che delle volte toccano anche l'assurdo, ma che gli permettono di evadere dalla monotonia del reale.
Infatti, come egli stesso afferma, bisogna quotidianamente analizzare le sensazioni e le immaginazioni più poetiche, quelle che più ci sublimano, ci traggono fuori da noi stessi e dal mondo reale; troveremo che esse, e il piacere che nasce, consistono totalmente o principalmente, in rimembranze. Insomma in tempi in cui la vita, per molti, non è proprio rose e fiori basta affidarsi alla fantasia dei ricordi, alla fantasia dei sogni per vivere meglio l'oscurità del presente.
Bisogna, secondo ciò che afferma Bonaviri, usare come sola arma per sconfiggere la monotonia del presente, che molte volte consiste in sole preoccupazioni, la fantasia. Questa è la facoltà della nostra mente che permette di creare immagini irreali, la facoltà che permette di creare felicità. Giacomo Leopardi affermava a tal proposito:"L'immaginazione è la prima fonte della felicità umana". Quindi per assaporare un po' di felicità bisogna sognare ad occhi aperti, in modo tale da rendere il più possibile la nostra vita simile ai nostri sogni.
                                                                                                  Alessandra Baudo

sabato 28 aprile 2012

La crisi del paese: "Non è l'inferno"

Molti di voi dal titolo s'illuderanno, magari, che il post in questione parli di economia, mi dispiace deludervi, ma non è nelle mie intenzioni e nelle mie "corde". Il nostro paese, sicuramente, in questo periodo si trova in una situazione non felice, ma quelli non felici sono in particolar modo i cittadini che si trovano a soccombere afflitti dalle esorbitanti tasse. L'infelicità, purtroppo, porta molti a fare gesti disperati, industriali che a causa dei fallimenti si suicidano oppure piccoli imprenditori e operai che si danno a fuoco sono notizie all'ordine del giorno. Ma c'è qualcosa di così terribile che non si può risolvere restando in vita? Io credo di no. Sarò pure giovane, inesperta, ma credo che da qualsiasi fallimento si possa rinascere. Tutto ciò, però, secondo il mio modestissiomo parere, nasce dal fatto che il nostro paese non ha proprio la mentalità del "fallire" e del "ricominciare" e qualsiasi fallimento del paese viene visto come fallimento personale. Inoltre, ciò che manca a dare forza a tutti i cittadini, ma in particolar modo ai giovani è la prospettiva del futuro. Alla domanda come ti vedi tra 10 anni, 9 giovani su 10 di età tra i 18 e i 25 anni, da me intervistati, mi hanno risposto PRECARI o DISOCCUPATI. Il dato è sicuramente tragico, ancor di più se si tiene conto che gli intervistati sono tutti studenti universitari. Tuttavia, questo non vuol dire che bisogna cullarsi sugli allori, "perdere" 10 anni per conseguire una laurea di 3 anni o non conseguirla proprio, significa che bisogna impegnarsi ancora di più, mettendo in gioco tutte le nostre capacità, sarò pure illusa, ma io credo ancora che la meritocrazia vince. In conclusione, vorrei fare un appello a tutti coloro che in momenti del genere si sentono "depressi" o semplicemente infelici di ciò che la vita gli offre, ricordatevi che comunque sia anche senza soldi si può essere felici perchè la felicità sta nei piccoli gesti fatti dalle persone con grande cuore. Ed ora vi lascio con la canzone di Emma "non è l'inferno" perchè dopotutto questo non è l'inferno.


martedì 24 aprile 2012

Il rovello filosofico di Sebastiano Addamo

"Il liceo che a Lentini mancava, andai a farlo a Catania", così Sebastiano Addamo inizia il suo romanzo, "Il giudizio della sera". Non è la confessione di un amore adolescenziale o liceale, però, quella che vuole trattare Addamo. Bensì un'acre e critica riflessione sugli eventi bellici, che egli non apprende dai libri di storia, ma che vive in prima persona sulla sua pelle.
La motivazione che lo spinge a scrivere nasce dall'esigenza di comunicare quell'inquietudine dell'esistenza scaturita dal disfacimento etico, ideologico e religioso che la guerra portò. Tutto ciò lo scrive non per comunicare un'ideologia pessimistica, ma piuttosto per gridare a pieni polmoni l'esigenza al rinnovamento, al cambiamento, alla nuova impostazione dei vecchi valori. Un rinnovamento che doveva essere attuato a 360 gradi dalla corruzione, dalla mercificazione e dall'alienazione degli uomini.
Egli tesse nel suo romanzo, inoltre, continue antinomie, bene e male, felicità e amarezza, che si ritrovano non solo nelle tematiche, ma anche insite nella struttura. Si alterna, infatti, un'iniziale racconto dei luoghi della spensieratezza con un finale lugubre e minaccioso, come è stato analizzato nell'introduzione del "Il giudizio della sera" dalla prof.ssa Sarah Zappulla Muscarà.
La seconda guerra mondiale, sicuramente, segna una svolta consistente nei poeti e nei letterati che, molte volte, si vedono costretti ad uscire dalla campana di vetro in cui si rifuggiano per vivere delle realtà che non gli appartengono. Di ciò ne sono un esempio le poesie di Quasimodo ed Ungaretti in cui sono presenti le macerie della guerra; ne è un esmpio " Il teatro degli artigianelli" di Saba che rappresenta le scene di transizione tra guerra e dopoguerra. Ma tra tutti colui che riesce meglio a rappresentare il " rovello filosofico sul disagio della civiltà conseguente alla crisi dei sistemi di valori" è Sebastiano Addamo
Nietzsche scrive " Il giudizio della sera. Chi ripensa all'opera della sua giornata e della sua vita, quando è arrivato stanco alla fine, giunge di solito ad una malinconica considerazione: tuttavia la colpa di ciò non sta nel giorno e nella vita, bensì nella stanchezza". Ed è questo aforisma che utilizza Addamo come titolo del suo romanzo, come titolo della sua vita, infatti afferma che il giudizio della sera è "come il lampo nella notte: la illumina vivissimamente", ma comunque dopo farà tornare il buio di quest'ultima.

venerdì 20 aprile 2012

Libertà

                                                                                                                                     
La luce del sole
non ha senso
quando manca
la luce dei pensieri.
Il variare delle stagioni
non ha valore
quando si vive
in un eterno inverno...
Quando i nostri occhi
vedono solo
colori ciechi
e le noste lingue
urlano solo
parole mute.
Io,
però,
voglio vivere
di libertà, 
senza leggi
miti o dei.
Libertà
liberami
dalla schiavitù del tempo,
dall'oppressione dei preconcetti.
Libertà
fissami
come limite
soltanto
l'infinito.
                                                                                  Alessandra Baudo

mercoledì 18 aprile 2012

Settimana della cultura

In una società in cui, molte volte, la cultura viene messa in secondo piano, il comune di Scordia ha indetto dal 14 al 22 Aprile la settimana della cultura per mettere in rilievo come questa dovrebbe essere la bussola della società. Io, nel mio piccolo, sono orgogliosa di partecipare con i miei versi nella serata del 20 dedicata alla poesia, quindi non mancate a questo importante evento culturale!

martedì 17 aprile 2012

"La notte"

Cos'è l'amore? molti autori, scrittori, poeti hanno provato a gettare sulla carta definizioni di questo sentimento, ma nessuno in realtà lo ha mai descritto e nessuno ci riuscirà. Quando si è innamorati tutto il mondo ci appare a colori ed i nostri occhi splendono di una luce improponibile, indescrivibile. Ma quando una storia finisce il dolore s'impossessa di noi. E l'unica cosa che ci resta sono i ricordi che afferriamo con tutta la nostra forza nella speranza che possano sempre, e per sempre, riaffiorare nella nostra mente. I pensieri, le parole, le emozioni vissute scorrono come un fiume in piena e noi con loro.Aspettiamo, e invano purtroppo, che sorga nuovamente il sole per continuare a vedere il mondo a colori. A proposito di questo argomento, da molti trattato e da me solo mediocramente accennato, voglio proporvi la bellissima canzone di Arisa, arrivata seconda al festival della canzone italiana, "La notte".
Buon ascolto!

domenica 15 aprile 2012

Onori al mio concittadino: Gorgia

Non scrivo da tempo e mi dispiace, ma la carriera universitaria e le collaborazioni varie mi stanno lasciando, ultimamente, pochissimo tempo. Oggi, tuttavia, voglio essere "fedele" ai miei lettori che ormai, per mio grande stupore, sono tantissimi. Nella rubrica domenicale "appuntamento col sapere" pubblico un articolo, naturalmente scritto da me, già pubblicato circa due anni fa nel giornale settimanale "Murganzio".  L'ospite di questa settimana non è un autore, bensì un filosofo mio concittadino: Gorgia.


I lentinesi, popolo di cosmopoliti, sono discendenti di uno dei più noti filosofi dell’antica grecia: Gorgia. Nato, infatti , a Lentini nel 483 a.C.,discepolo del filosofo Empedocle e dei retori siracusani Corace e Tisia, subì anche l’influenza della scuole pitagorica ed eleatica. Ad Atene si contraddistinse da subito per la sua eloquenza. Compì tanti altri viaggi in Tessaglia, in Beozia, ad Argo, a Delfi e a Olimpia, dove pronunciò discorsi memorabili e scrisse opere che resteranno indelebili per la loro unicità. Bisogna sottolineare come Gorgia sia il primo nella storia, a prendere, in una delle sue opere maggiori ovvero l’Encomio di Elena, le difese di una donna; e non di una donna qualunque, ma di colei che nella tradizione ellenica era considerata il prototipo della donna che è causa di guai, un po' come Eva nella tradizione e nella subcultura cristiana.
Infatti la figura di Elena, figlia di Zeus e di Leda, è stata una delle figure più criticate nel mondo greco, poichè si narra che a causa del suo rapimento scoppiò la guerra di troia. Gli autori greci, di conseguenza, la descrissero spesso come una donna di facili costumi: Eschilo la definisce “donna dai molti uomini” e “rovina di navi, rovina d’eroi, rovina di città”. Anche Euripide, nelle Troiane, descrive Elena come la grande meretrice che, scappata con Paride a Troia, causò lo scoppio della guerra. Sebbene, Gorgia abbia scritto l’opera sotto forma di “esercitazione”, il gesto, di prendere le difese delle donna prototipo di guai, risulta certamente provocatorio e anticonformista per la mentalità dell'epoca (... e non solo!). Per il nostro concittadino sarebbe stato sicuramente più facile, e perché no anche più popolare, trattare la storia dagli stessi punti di vista dei suoi “colleghi”, seguendo le stesse idee che circolavano allora in Grecia : ma egli non si accontentò! Distinguendosi da tutti, portando in alto il nome della città che gli diede i natali, elaborò un testo ricco di passione e di lucidità, in cui i suoi distinguo approdano a sapienti analisi dell’esperienza umana nelle sue articolazioni e nelle sue complessità.
Egli ancora oggi risulta, per noi giovani e non solo, un esempio da seguire; con le sue dottrine ha regalato al mondo non delle “fredde” lezioni, ma una filosofia di vita che i lentinesi per primi dovrebbero seguire. A tal proposito concludo con un suo pensiero, che sebbene di lunghezza discreta conserva in esso una molteplicità di significati che noi tutti dovremmo apprendere: “È decoro allo stato una balda gioventù ; al corpo, bellezza; all’animo, sapienza; all’azione, virtú; alla parola, verità. Il contrario di questo, disdoro.”

mercoledì 4 aprile 2012

Sono solo parole...

Sono solo parole recita il titolo della canzone di Noemi arrivata terza al festival della canzone italiana, eppure quanto le parole posso incidere nella vita di noi tutti senza neanche che ce ne rendiamo conto. Ci emozionano, ci feriscono, ci gratificano o ci umiliano, riescono a separci per sempre o ad unirci in un attimo eterno. Hanno il potere assoluto di mettersi davanti ai sentimenti, ai pensieri come se ci fossere solo loro, come se solo loro avessero importanza. Ma noi tutti dotati di sentimento e di intelletto non dobbiamo essere schiavi delle parole, bensì usarle con moderazione, farle dettare dai nostri cuori; perchè quando si parla con il cuore non si sbaglia mai. Ed ora vi lascio alla bellissima canzone di Noemi. Buon ascolto!!!


domenica 1 aprile 2012

La donna, protagonista da sempre, in Giovanni Verga

La donna da sempre è stata la protagonista, indiscussa, della letteratura: da Dante, il quale vede la donna il tramite tra l'uomo e Dio, a Verga, che fa di essa una dominatrice che emana fascino distruttivo.
Tuttavia l'immagine femminile dominante nella narrativa tardo romantica e nei romanzi verghiani, da Eva a La lupa, è quello della donna fatale, come si è anticipato. Il corpo femminile non è più il simbolo, come accadeva con i poeti stilnovisti, della divina armonia della natura, ma è un artificio; il fascino della donna dipende solo dal mascheramento estetico.
Il topos medievale della donna "angelo" si trasforma nel mito della forma, compare sul palcoscenico e nei panni di personaggio trionfa sul pubblico pagante. Ma tolta la maschera, scesa dal palcoscenico, l'uomo, come accade al protagonista di Eva, Enrico Lanti, non riesce ad adattarsi ad una donna senza maschera, non riesce ad amare la persona perchè è innamorato solo del personaggio.
Nelle novelle di Vita dei campi, in particola nel La lupa, la passione amorosa assume una violenza elementare che si addice più agli animali che alle persone. Qui, l'eros poggia sulla categoria semantica del possesso che investe sia le persone che la roba. Il possesso è espresso mediante il verbo volere che ricorre otto volte nella novella. Inoltre, la primitiva ed ossessiva tensione al possesso erotico è veicolata attraverso gli occhi.
Come scrive la Prof.ssa Sarah Zappulla Muscarà nel libro "Verga e..." a cura di Eugenia Pappalardo " Con gli occhi la lupa celebrava il primo rito amoroso, con gli occhi si rivela a Nanni la heideggeriana "possibilità" della morte".
"Ella spolpava i loro figlioli ed i loro mariti in un batter d'occhio" così scriveva Verga, associando la sensualità aggressiva alla distruzione.
L'attributo animale che fa della lupa una "mangiatrice di uomini"  rivela l'ottica nuova che si diffonde nel secondo Ottocento, ovvero la paura con cui l'uomo guarda la donna, poichè la avverte come una possibile minaccia della propria integrità per le capacità seduttive che possiede.
Oggi le donne sono protagoniste induscusse non solo della letteratura, ma anche della vita comune. Tuttavia, non per le capacità seduttive, come scriveva Verga, ma piuttosto per quelle intellettive che le hanno portate ai vertici della società contemporanea.
                                                                                                   Alessandra Baudo

sabato 31 marzo 2012

Parlami attraverso te

 Come ho già scritto amo la musica cantautoriale, le canzoni più parlate, sussurrate e meno gridate. Amo le canzoni che parlano d'amore, di comunicazione. Amo le canzoni che arrivano dritte al cuore come questa che vi posterò quest'oggi. Molti di voi non la conosceranno perchè è stata scritta da due giovani cantautori del programma "Amici", ma merita l'attenzione di tutti. Buon ascolto!!


  
Parlami attraverso il vetro
prima di pulirlo
parlami attraverso il tacco prima di infangarlo

Parlami attraverso me
che non so contare
parlami a contare

Dimmi se c'è un treno
se c'è un astronave
che dubita del cielo
che spegne il temporale

Dimmi se mi vedi
o se ti vuoi cercare,tu

Parlami attraverso il tempo
senza condannarlo
parlami attraverso il senso prima di trovarlo

Parlami attraverso te
che non sai parlare
dimmelo a contare

Dimmi se c'è un treno
o un astronave
che dubita del cielo
che tocca il temporale

Dimmi se mi vedi
o se ti vuoi trovare

Parlami attraverso
te se non sai parlare
e se non vuoi parlare

martedì 27 marzo 2012

Eternità

Il tempo che conosco è il presente
l'ero 
e
il sarò
non mi appartengono.
Il mio tempo è
l'oggi,
ieri non c'è già più e
il domani vorrei che sia come l'oggi
che diventa dentro il mio cuore
il sempre.
Il tempo che vorrei è
utopia.
Eternità
che non trasformi
il mio presente
nel mio passato.
L'oggi in ieri.
Sono in ero.
Eternità
che fermi il tempo
nell'istante in cui il tuo calore
avvolge il mio cuore.
Eternità
io amo,
mai amavo.

lunedì 26 marzo 2012

Quando la musica è poesia

Amo la musica ed in particolare quella cantautoriale. I cantautori per me sono come i poeti, ma ancor più bravi perchè riescono a trasmettere tramite la musica le emozioni dei loro cuori. Per questo motivo ho deciso di crare nel mio blog una rubrica "l'angolo musicale" in modo tale da inserire le poesie cantate che io preferisco.



E per la barca che è volata in cielo
che i bimbi ancora stavano a giocare
che gli avrei regalato il mare intero
pur di vedermeli arrivare

Per il poeta che non può cantare
per l’operaio che ha perso il suo lavoro
per chi ha vent’anni e se ne sta a morire
in un deserto come in un porcile
e per tutti i ragazzi e le ragazze
che difendono un libro, un libro vero
così belli a gridare nelle piazze
perché stanno uccidendoci il pensiero

per il bastardo che sta sempre al sole
per il vigliacco che nasconde il cuore
per la nostra memoria gettata al vento
da questi signori del dolore

Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
Che questa maledetta notte
dovrà pur finire
http://www.angolotesti.it/
perché la riempiremo noi da qui
di musica e di parole

Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
In questo disperato sogno
tra il silenzio e il tuono
difendi questa umanità
anche restasse un solo uomo

Chiamami ancora amore
Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore

Perché le idee sono come farfalle
che non puoi togliergli le ali
perché le idee sono come le stelle
che non le spengono i temporali
perché le idee sono voci di madre
che credevano di avere perso
e sono come il sorriso di Dio
in questo sputo di universo

Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
Che questa maledetta notte
dovrà pur finire
perché la riempiremo noi da qui
di musica e parole

Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
Continua a scrivere la vita
tra il silenzio e il tuono
difendi questa umanità
che è così vera in ogni uomo

Chiamami ancora amore
Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore

Che questa maledetta notte
dovrà pur finire
perché la riempiremo noi da qui
di musica e parole

Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
In questo disperato sogno
tra il silenzio e il tuono
difendi questa umanità
anche restasse un solo uomo

Chiamami ancora amore
Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
Perché noi siamo amore

domenica 25 marzo 2012

I viaggiatori di ieri ed oggi messi a confronto da Ercole Patti

"Il viaggiatore odierno impacchettato in un jet, senza vedere niente nemmeno dal finestrino, piomba di colpo in Giappone mentre ha ancora addosso la camicia indossata a Roma o a Milano e la barba rasa a Roma non è ancora del tutto cresciuta per una nuova rasatura.
Nel mio lungo viaggio in Giappone invece mi ero totalmente affezionato alla mia cabina del piroscafo Gange dove avevo abitato un lungo mese [...] che provato una certa emozione ad abbandonarla, come quando si lascia una vecchia casa dove si è trascorsa una lunga e felice villeggiatura." Questo è quello che scrive Ercole Patti, scrittore Catanese, nell'appendice del suo libro, "Un lungo viaggio lontano".
Il viaggio, un vero e proprio topos letterario, ci accompagna attraverso i secoli fornendoci una percezione concreta del succedersi delle civiltà, delle mentalità e dei costumi. Il modo di concepire il viaggio è mutato: quello dell'oggi è differente da quello di ieri e quello del domani sarà ancora diverso da quello dell'oggi; chi esce sacrificato, da questo cambiamento, sono le emozioni, le esperienze, le conoscenze che lasciano il posto alle comodità e alla continua ricerca del relax.
Il grande viaggio di Ulisse si trasforma, con il viaggiatore moderno, nella crociera, che diventa pura avventura solo se si ha la "fortuna" di incontrare lo Schettino di turno, ma che altrimenti non è altro che una toccata e fuga da luoghi diversi, non avendo il tempo di assaporare i sapori del posto, di osservare i colori con il tramontare ed il sorgere del sole e di vivere le emozioni che una popolazione può regalarti.
Oggi, purtroppo, come notava Patti nella sua appendice, sono pochi i viaggiatori in cerca della scoperta, che si sottopongono anche al rischio, alla stanchezza pur di accrescere il loro bagaglio culturale ed emozionale. Siamo tutti troppo stanchi, avviliti dalla quotidinità per trovare la forza e la voglia di confrontarci con culture e civiltà differenti, per abbandonare le usanze e le comodità della propria cultura.
La concezione moderna del viaggio è quella di evasione dal mondo che ci sottopone a continui stress. Per evadere realmente dal mondo, però, non possiamo lasciare a casa il nostro cuore e la nostra mente, ma far di questi i nostri migliori compagni di viaggio.
Hume scriveva:" La mente è una specie di teatro, dove le diverse percezioni fanno la loro apparizione, passano e ripassano, scivolano e si mescolano con un'infinita varietà di atteggiamenti e di situazioni." Per cogliere attraverso le percezioni le emozioni che una civiltà differente dalla nostra può regalarci dobbiamo usare come bussola il nostro cuore, in modo tale da accrescere il nostro bagaglio culturale e la nostra intelligenza emozionale. Dobbiamo riprendere ad assaporare la bellezza del viaggio, anche solo con l'immaginazione.
                                                                                      Alessandra Baudo

mercoledì 21 marzo 2012

La mia eterna primavera


Prati fecondi che
giorn dopo giorno
si vestono di
un arcobaleno di colori.
Natura che dà armonia e
partorisce poesia.
Mille colori
regnano
dittatori
dei nostri cuori,
affamati di beltà.
Ma la prima-vera
emozione
che la natura mi ha donato
sei tu.
Tu che dipingi,
nei giorni cerei,
il mio cuore
d'intensità.
Tu
la mia eterna
primavera
                 
                                                                 Alessandra. Baudo

martedì 20 marzo 2012

Emozione è...

Emozione è  vagabondare
liberamente con la fantasia.
Emozione è vivere la vita.
Vivere di cose semplici e vere.
Emozione è fermarsi ad ascoltare
gli altri
per leggere le verità che
urlano i loro volti.
Emozione è guardare colori ciechi
e gridare parole silenziose.
L'emozione è il tutto 
ricavato dal niente.
                                            
                                                                    Alessandra Baudo

lunedì 19 marzo 2012

A me basti tu

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domenica 18 marzo 2012

L'attualità del pensiero di Luigi Pirandello

“ Non mai, credo, la vita nostra eticamente ed esteticamente fu più disgregata. Slegata , senz’alcun principio di dottrina e di fede, i nostri pensieri turbinano entro i fati attuosi, che stan come nembi sopra una rovina […] Aspettiamo e invano pur troppo! Che sorga finalmente qualcuno ad annunciarci il verbo nuovo” (Pirandello, Arte e coscienza d’oggi).
 Mai come adesso queste parole risuonano di “verità assoluta”. Tutti noi, infatti, nel nostro destino operoso, siamo travolti dalla modernità che influenza le nostre idee come una forza cieca e incontrollabile.
 Proprio nella modernità Pirandello vede la crisi dell’ideologia e dei valori culturali e morali. Nell’arte e  nella coscienza d’oggi egli descrive la crisi intellettuale e morale di cui la sua generazione, come anche la nostra, è afflitta, individuandola nell’incapacità di elaborare valori nuovi e autentici.                                            
Tutto oggi ruota attorno al “dio” denaro. Le ragioni economiche, infatti, dominano adesso su qualsiasi ideale e hanno prevaricato quella prospettiva di valori, altri, diversi, positivi.
La società contemporanea ci ha insegnato ad amarci, ma non ad amare; a specchiarci per vedere il bello che c’è in noi, ma non ci ha insegnato a guardare gli altri negli occhi per “leggere” ciò che di bello e di profondo possono trasmetterci. E in un mondo dove conta l’apparenza e non l’essenza siamo abituati a fermarci all’esteriorità senza andare oltre. Senza provare a riflettere sul perché molti anziani si vestano in maniera grottesca o perché molti ricorrano alla chirurgia plastica per sembrare più giovani fin a trasformare il loro viso in quello di una mummia.
Tutto ciò ci fa ridere, ma molte volte non ci fa riflettere sul perché quella persona  vuol essere diversa da quello che è. “Non ci fermiamo alle apparenze” diceva Pirandello“ciò che inizialmente ci faceva ridere, adesso ci farà tutt’al più sorridere”. Solo per mezzo della riflessione possiamo superare l’apparenza e passare dall’avvertimento del contrario al sentimento del contrario. La riflessione è come un diaframma tra l’oggetto rappresentato e il sentimento, in quanto essa scompone, esamina e giudica l’oggetto; dopo la riflessione interviene la partecipazione emotiva come reazione alla rivelazione che la riflessione ha prodotto. Con la partecipazione emotiva si genera una sorta di compassione per quel personaggio che non ci farà più ridere, ma provocherà in noi un sorriso amaro di comprensione.
Pirandello ,tuttavia, come scrive anche Umberto Artioli, non deve essere visto come critico della società, ma bensì come cantore degli archetipi, di un antica realtà antropologica fatta di uomini che fingono di essere ciò che non sono. Sarah Zappulla Muscarà nell’introduzione di “Tutto il teatro in dialetto” spiega la forza interiore che spinge Pirandello a scrivere le sue opere ed in un secondo momento, quando le parole non bastavano più, a rappresentarle in teatro .”Non potevo più limitarmi a raccontare” scrive Pirandello “mentre tutto intorno a me era azione. […] Le parole non potevano più restare scritte sulla carta, bisognava che scoppiassero nell’aria,dette o gridate".                                                                                     Come si deduce, il tempo scorre, ma gli uomini non cambiano perché oggi, come ieri, essi non sono persone, cioè soggetti integri, coerenti, ma personaggi, in quanto soggetti a recitare una parte all’interno della commedia sociale. Ogni uomo, insomma, porta per necessità una maschera e recita il ruolo che la società o le convenzioni o i propri ideali astratti gli impongono.
Tutti noi siamo personaggi costretti a recitare uno specifico ruolo sociale. Ma, affinchè la nostra vita non sia un’eterna commedia dobbiamo mettere giù la maschera che la società ci impone e cominciare ad essere uomini dotati di sentimento e di intelletto.                                                                                                                                                                                   Alessandra Baudo

venerdì 16 marzo 2012

Parole silenziose

Parole silenziose
quelle che usavamo
noi
per comunicare.
Eppure risuonavano
nella nostra anima
come il rombo del mare,
come il soffio del vento.
Parole silenziose che arrivavano
dritte al cuore
più di una dichiarazione d'amore.
Sembravano dette, gridate,
ma nessuno parlava
tutto
taceva.
Non avevamo bisogno di parlare
noi.
Ci bastava stare in
silenzio 
e comunicare attraverso il cuore.
                                                                                  Alessandra Baudo